Estintori e d’intorni
L’estintore è il più classico e diffuso dispositivo di protezione antincendio, utilizzato in tutte le tipologie di attività, soggette e non soggette: di fatto la loro presenza, in misura più o meno rilevante, è sempre necessaria. Ne esistono di svariate tipologie e dimensioni ma, a ben vedere, almeno in Italia, le tipologie quasi esclusivamente utilizzate e diffuse sono gli estintori a polvere e gli estintori a CO2. Tutte le altre tipologie di estintori sono molto meno conosciute e utilizzate. E’ giusto il caso di richiamare quanto riportato nel Codice circa la scelta degli estintori, le classi dei fuochi (classificazione peraltro ripresa dalla norma EN 2/2005) e le tipologie di estinguenti più idonei:
Gli aspetti più importanti da valutare quando si deve scegliere che tipologia di estintore adottare nella propria realtà sono:
- Tipologia di incendio maggiormente prevedibile
- Dimensione dell’incendio maggiormente prevedibile
- Pericoli presenti nell’area
- Apparecchiature elettriche sotto tensione presenti nell’area
- Condizioni ambientali e di temperatura
- Altri fattori (ad esempio, da non sottovalutare: considerazioni in merito ai soggetti che dovranno, se necessario, utilizzare quel dato estintore, quindi ad esempio sulla dimensione peso dell’estintore).
E’ importante sottolineare il fatto che gli estintori rappresentano la prima linea di difesa per principi di incendio ed incendi di limitate dimensioni e che la selezione del numero e tipologia di estintori dovrebbe essere indipendente da considerazioni circa la presenza, nello stesso ambiente, di altri elementi di difesa quali idranti, sprinkler o altre tipologie di impianti di protezione attiva.
Breve inciso per lanciare uno sguardo a cosa avviene oltre oceano in ambito estintori. La norma NFPA 10 è lo standard di riferimento, utilizzato in tutti gli Stati Uniti e non solo.
Una prima interessante osservazione riguarda la classificazione dei fuochi operata oltreoceano: mentre i fuochi di classe A, B e D sono i medesimi previsti dalla classificazione europea (con però l’aggiunta dei gas infiammabili nella categoria B oltre ai liquidi infiammabili) ed i fuochi di classe F cambiano solo lettera dell’alfabeto (K nella NFPA 10), i fuochi di classe C sono invece i fuochi che coinvolgono apparecchiature elettriche sotto tensione (un po’ come la nostra vecchia classe E).
Quello che interessava notare erano alcune raccomandazioni e indicazioni presenti nella norma che hanno valenza certamente anche da noi.
Circa la scelta degli estinguenti da utilizzare per incendi che coinvolgano apparecchiature elettriche sotto tensione, la norma riporta alcune raccomandazioni non banali:
- Gli estintori a polvere secca non dovrebbero essere installati a protezione di apparecchiature elettriche delicate.
- E’ necessario valutare preventivamente le caratteristiche costruttive del sistema elettrico da proteggere
- Occorre conoscere il grado di contaminazione (da agente estinguente) tollerabile
- Opportuno valutare il grado ed estensione di eventuali componenti del sistema elettrico che possono generare incendi di classe A e/o B
- Infine è sempre necessario valutare la concomitante presenza di altri materiali combustibili nelle immediate vicinanze.
Lasciando ora il mondo NFPA è interessante notare il fatto che sia nel mondo anglosassone sia in Francia sia in Germania, gli estintori idrici sono probabilmente i più diffusi. L’estintore idrico, del tipo a schiuma, in effetti ha innumerevoli vantaggi, oltre a qualche svantaggio, rispetto agli estintori a polvere. Come sempre non esiste il vestito buono per tutte le stagioni, una valutazione è sempre necessaria caso per caso. Gli estintori idrici ad esempio hanno un impatto in caso di scarica molto inferiore dato che non sporcano come gli estintori a polvere e non creano la riduzione di visibilità tipica della scarica degli estintori a polvere. Inoltre, cosa non scontata, esistono sul mercato estintori idrici testati per l’utilizzo su apparecchiature elettriche sotto tensione: omologati secondo le norme EN 3, come per la polvere e il CO2, per utilizzo su quadri elettrici fino a 1.000 volt (di fatto, mi risulta, tutti gli estintori idrici a schiuma commercializzati in Europa). Il principio di funzionamento infatti è l’erogazione di un getto di acqua (oltre il 95%) e additivo (meno del 5%) finemente frazionato. E’ importante prestare attenzione alle indicazioni obbligatoriamente riportate sull’etichetta posta sul fianco dell’estintore. Sull’etichetta ad esempio deve obbligatoriamente essere riportata, oltre alla classe di fuoco e altre indicazioni, la specifica se sia utilizzabile su apparecchiature elettriche sotto tensione. Va da sé che l’estintore a schiuma, essendo l’agente estinguente costituito prevalentemente da acqua, soffre le basse temperature, a differenza invece degli estintori a polvere che, quindi, saranno la scelta ottimale per utilizzi in ambienti a rischio gelo, ben aerati. Esistono comunque estintori a schiuma additivati per resistere a bassissime temperature.
Mi ha sempre fatto un po’ specie il fatto che in Italia sia così poco diffusa la presenza di estintori, o altra tipologia di sistema o impianto di protezione antincendio, nelle nostre case. Questo nonostante la stragrande maggioranza degli interventi effettuati dai Vigili del Fuoco per incendi/esplosioni in edifici, riguardi per l’appunto eventi avvenuti in appartamenti e locali di abitazione (oltre 35.000 interventi solo nel 2017, fonte Annuario statistiche VV.F.).
A mio parere gli estintori multifunzione di classe F (sul mercato si trovano ad esempio i 34A 233B 75F da 6 kg oppure i più piccoli 8A 55B 40F da 2 kg) sono i più appropriati per utilizzo domestico. Nascono per l’utilizzo nelle cucine professionali ma, trattandosi di estintori a schiuma, sono adatti sia per incendi di olii vegetali o grassi animali, sia per piccoli focolai con brace o comunque di natura cellulosica. Sono caratterizzati da erogazione meno esplosiva e graduale e vengono venduti anche con doccino/proluga per poter rimanere a distanza di sicurezza in fase di scarica. Garantiscono inoltre la completa visibilità. Al contrario ritengo che, in ambito domestico, gli estintori a CO2 siano da evitare: il rischio di scottature da freddo per un uso improprio degli estintori mi pare maggiore del beneficio che l’estintore potrebbe portare.
Importate è ricordare sempre le regole fondamentali per il corretto uso degli estintori:
- Tira il perno. Tenere l’estintore con l’ugello rivolto verso l’esterno e rilasciare il meccanismo di blocco.
- Mira basso. Punta l’estintore alla base del fuoco.
- Premi la leva lentamente e in modo uniforme.
- Spazza l’ugello da lato a lato.
Uscendo ora dall’ambito domestico, altro documento ove trovare interessanti spunti è la guida NFPA “Impact of fire extinguisher agents on cultural resource materials”: il documento analizza l’impatto di varie tipologie di estintori (water mist, polvere, HFC) su campioni di documenti aventi valenza culturale (vari materiali tra cui dipinti a olio, campioni in pelle, legno). Nel documento sono rilevati e comparati i risultati di varie prove condotte sia in presenza di incendio sia in assenza di incendio, confrontando poi i risultati dopo un certo lasso di tempo dalla scarica.
Leggo con piacere nella bozza di revisione del Codice, nel paragrafo sugli estintori, l’indicazione di utilizzare, nei luoghi chiusi e per fuochi in classe A e B, estintori a basa acqua in luogo degli abusati estintori a polvere.