Scala di sicurezza esterna: questa sconosciuta
Uno degli aspetti a mio avviso più controversi e bizzarri del sistema di regole prescrittive vigenti in Italia, per lo meno in ambito Prevenzione Incendi di cui trattiamo in questo blog, è la perdurante presenza di norme stratificate non coerenti tra loro, in vari casi potremmo dire anche contraddittorie.
L’esempio che voglio portare in questo breve articolo riguarda un tema tanto vecchio e noto quanto ancora, ahimè, ampiamente disatteso in sede di progettazione esecutiva e di realizzazione delle opere, anche e specialmente di opere pubbliche pure importanti: le scale di sicurezza esterne.
Il D.M. 30/11/1983 tra i “Termini e definizioni” riportava una definizione tanto breve quanto incompleta: “Scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e di altre caratteristiche stabilite dalla norma”. Cosa effettivamente fossero queste altre caratteristiche abbiamo dovuto attendere fino all’emanazione del D.M. 19/08/1996 relativo ai locali di pubblico spettacolo per saperlo:
- devono essere realizzate con materiali di classe 0 di reazione al fuoco;
- la parete esterna dell’edificio su cui è collocata la scala, compresi gli eventuali infissi, deve possedere, per una larghezza pari alla proiezione della scala, incrementata di 2,5 m per ogni lato, requisiti di resistenza al fuoco almeno REI 60.
In alternativa la scala esterna deve distaccarsi di 2,5 m dalle pareti dell’edificio e collegarsi alle porte di piano tramite passerelle protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi requisiti di resistenza al fuoco pari a quanto sopra indicato.
E da qui la prima bizzarria: tutte le norme di prevenzione incendi emanate in precedenza, anche di pochissimi mesi (si pensi ad esempio al D.M. 18/03/1996 sugli impianti sportivi) non prevedevano le scale di sicurezza esterne. E fin qui, si potrebbe dire, nulla di strano. La perdurante anomalia è che, nonostante l’entrata in vigore nell’agosto 96 di questa importante e storica nuova norma, di fatto le scale di sicurezza esterne fino ai giorni nostri continuino a realizzarsi, laddove il DM 19/08/1996 non si applica ovvero non esiste una analoga prescrizione normativa (si pensi ad esempio al DM 18/09/2002 sulle strutture sanitarie o al DM 27/07/2010 sulle attività commerciali, ove sono riportate analoghe indicazioni), nei modi più disparati e sostanzialmente non conformi alle norme. E, cosa in fin dei conti più importante al di là della conformità normativa, continuano a realizzarsi scale di “insicurezza” esterna.
Molto si è detto circa le troppo stringenti regole imposte dal DM 19/08/1996 per la realizzazione di queste scale, in particolare per quanto riguarda i (giustamente) odiatissimi “setti laterali” nel caso in cui si fosse optato per la realizzazione di una scala distaccata dall’edificio.
Orbene il 18/11/2015 è entrato in vigore il nuovo Codice di prevenzione incendi (DM 03/08/2015) che tanta chiarezza e pulizia ha fatto in tema di prevenzione incendi in Italia. Il Codice tra le varie definizioni ha ridefinito il concetto di scala di sicurezza esterna (al §S.4.5.3.3.). Come per altre definizioni ha introdotto sia criteri prestazionali (al comma 1) sia criteri prescrittivi (ai commi 2 e 3):
Soffermandosi sulle indicazioni prescrittive balzano all’occhio alcune importanti novità:
- la richiesta di “incombustibilità” è stata limitata alla sola passerella (la definizione non è chiarissima, mi pare lasci intendere comunque che o la passerella sia realizzata con materiali essi stessi incombustibili ovvero possa essere rivestita con materiali incombustibili)
- sono spariti i setti laterali
- nel caso in cui la scala sia necessario accostarla all’edificio le richieste di prestazione della parete sono limitate ad una compartimentazione EI30 (anziché 60) e ad una larghezza di 1,80 m (anziché 2,50 m) oltre la sagoma della scala stessa.
Domanda: e se con la mia scala, pur distaccata dall’edificio, non riesco a rispettare la distanza richiesta (2,50 m)? La risposta è semplice: o mi attengo ai criteri prescrittivi imposti alle scale accostate (comma 2.a) oppure faccio ricorso alla verifica dei criteri prestazionali di cui al comma 1 (limitazione dell’irraggiamento).
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